Il grande squalo bianco non si trova all'apice della catena alimentare: le orche fanno fuggire anche lui

di REDAZIONE

25 Aprile 2019

Il grande squalo bianco non si trova all'apice della catena alimentare: le orche fanno fuggire anche lui
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Gli squali bianchi rischiano di perdere il primato di predatori più temuti dei mari. Al loro posto le orche, enormi cetacei carnivori che possono raggiungere dieci tonnellate di peso e nuotare fino a 55 chilometri orari di velocità.

Nonostante sia il pesce predatore più grande del mondo, il "Carcharodon carcharias" (nome scientifico dato allo squalo bianco) tende a dileguarsi impaurito ogni volta che "fiuta" la presenza di un'orca nelle vicinanze. E non si tratta di una fuga momentanea: il pescecane non torna in quel posto per oltre un anno. 

via sciencealert.com

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Pterantula (Terry Goss)/Wikipedia

Pterantula (Terry Goss)/Wikipedia

Lo ha documentato un'equipe di ricercatori marini statunitensi, che da 27 anni raccoglie dati su orche, squali e foche al Point Blue Conservation Science di Southeast Farallon Island, a largo di San Francisco.

165 squali bianchi sono stati specificamente monitorati tramite dispositivi GPS tra il 2006 e il 2013, rivelando che ogni incontro con le orche ha comportato un loro allontanamento dalla zona di caccia.

Ciò a tutto vantaggio degli elefanti marini, molto presenti in quel tratto di costa e notoriamente prede dei pescecani. Dai circa 40 eventi di predazione stagionali compiuti dagli squali bianchi ai danni di questo tipo di foche, oggi, dopo l'apparizione delle orche, praticamente non ne avvengono più. 

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pixabay

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La paura che i cetacei incutono negli squali è talmente forte che la loro fuga avviene anche se le "balene assassine" sono solo di passaggio. E non si tratta di pesci piccoli: lo squalo bianco può raggiungere quasi 6 metri di lunghezza, dal naso alla coda. Dimensioni tuttavia non sufficienti a fronteggiare le orche, capaci di uccidere cetacei notevolmente più grandi.

Un cambiamento le cui dinamiche e motivazioni ancora devono essere comprese appieno, proprio per la difficoltà di osservare da vicino i grandi predatori oceanici. Per ora, come ha spiegato Salvador Jorgensen, ecologista marino del Monterey Bay Aquarium, è certo che il fenomeno dipende dal fatto che le catene alimentari non sono sempre lineari, e possono subire mutazioni dovute a vari fattori. La cooperazione di gruppo e l'intelligenza di questi stupendi animali potrebbe essere alla base di questo cambiamento.

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