Chi e perché ha inventato il quoziente intellettivo per misurare l'intelligenza?

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di Gianmarco Bonomo

06 Febbraio 2024

Chi e perché ha inventato il quoziente intellettivo per misurare l'intelligenza?
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Alzi la mano chi non ha mai sentito parlare del quoziente intellettivo o non ha mai fatto un test per misurare il QI. La misurazione dell’intelligenza delle persone è ormai da tempo uno degli obiettivi della società contemporanea, tanto da aver sviluppato un test apposito per farlo. Tuttavia, davvero la misurazione del QI è attendibile e, soprattutto, importante? In molti cominciano a pensarla diversamente.

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Da dove nasce il concetto di quoziente intellettivo

Da dove nasce il concetto di quoziente intellettivo

Pexels

Il concetto di quoziente intellettivo ha radici profonde nella storia della psicologia e dell’educazione. Radici che è importante conoscere per capire se davvero la misurazione del QI è attendibile. Il primo strumento che si propone di misurare l’intelligenza è infatti il test Binet-Simon, del 1905, che ha l’obiettivo di identificare gli studenti che avevano bisogno di supporto aggiuntivo a scuola. In questa fase le domande del test riguardano la comprensione, il ragionamento e la risoluzione dei problemi, ma presto si rivelano insufficienti.

La storia del QI si fa più controversa con il passare degli anni. Una versione del test viene impiegata nella prima guerra mondiale per valutare l’intelligenza dei soldati, mentre pochi anni dopo i fautori dell’eugenetica vedono nel quoziente intellettivo la dimostrazione delle differenze di razza. Dimenticando le differenze economiche e sociali fra diverse classi ed etnie, peraltro. Insomma, nel tempo i test per misurare il QI si moltiplicano, portando a letture discriminatorie della società e a risultati che poco hanno a che vedere con la realtà.

 

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Il dibattito sul quoziente intellettivo: serve a qualcosa?

Il dibattito sul quoziente intellettivo: serve a qualcosa?

Alfred Binet - Public Domain

Infatti, una delle critiche maggiori al concetto di quoziente intellettivo riguarda la capacità dei test di misurare soltanto alcune abilità cognitive. Vengono trascurate la creatività e l’intelligenza emotiva, per esempio, e tutto viene osservato attraverso la prospettiva di un test che si vuole “oggettivo”, ma che non può esserlo. Pur continuando a diffondersi, negli anni i test per misurare il QI vengono additati per i loro limiti e per le potenziali conseguenze sul tessuto sociale.

In quanto strumento fisso e parziale, il quoziente intellettivo non può rendere conto della natura fluida dell’intelligenza umana. La teoria delle intelligenze multiple di Howard Gardner e la teoria dell’intelligenza emotiva di Daniel Goleman testimoniano proprio questo: ridurre a un numero l’intelligenza dell’uomo non è una pratica attendibile. Né saggia.

Uno studio mette in discussione il concetto di QI

Uno studio mette in discussione il concetto di QI

Pexels

A mettere in seria discussione il concetto di QI, già provato dal dibattito degli ultimi decenni, interviene uno studio recente pubblicato sulla rivista Neuron. Coinvolgendo oltre 100 mila persone in tutto il mondo, la ricerca ha esaminato una vasta gamma di abilità cognitive, con dei risultati inaspettati. Secondo il team di studiosi, nessuna singola componente di un individuo può spiegarne appieno le capacità. Esatto, neanche l'intelligenza, men che meno misurata con un semplice numero.

I ricercatori hanno condotto una serie di test cognitivi e risonanze magnetiche funzionali, identificando le tre principali componenti delle capacità cognitive umane:

  • memoria a breve termine;
  • capacità di ragionamento;
  • capacità di verbalizzazione.

Intervengono fattori come età, sesso e abitudini di vita, che possono influenzare le funzioni cerebrali. Insomma, l’intelligenza non è un numero ma neanche qualcosa che si può misurare con un semplice test. Certo, ancora oggi il quoziente intellettivo può essere utile se utilizzato per individuare i bambini che hanno bisogno di aiuto. E poi messo da parte, in favore di strumenti più attuali e più umani.

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