Oltre al Sudamerica brucia anche l'Africa: i roghi in Angola e Congo sono il doppio di quelli amazzonici

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di Lorenzo Mattia Nespoli

27 Agosto 2019

Oltre al Sudamerica brucia anche l'Africa: i roghi in Angola e Congo sono il doppio di quelli amazzonici

Mentre i roghi nella foresta amazzonica continuano a destare preoccupazione e a mandare in fumo ettari di biodiversità e natura preziosa per tutto il mondo, c'è un'altra zona del Pianeta dove sono scoppiati massicci focolai boschivi, ritenuti addirittura più numerosi ed estesi rispetto a quelli sudamericani.

Stiamo parlando dell'Africa centrale, e in particolare delle aree comprese tra Angola e Congo. Qui, le fiamme non stanno devastando solo foreste, ma anche savane, praterie ed altri ecosistemi preziosi per la sopravvivenza del Pianeta e di chi lo abita. Vediamo in dettaglio cosa sta succedendo.

via BBC

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I satelliti della NASA hanno raccolto dati che lasciano poco spazio alle interpretazioni: l'Africa brucia, e il numero dei roghi è di gran lunga maggiore rispetto a quelli registrati in Brasile. Si parla, infatti, di circa 7000 incendi in Angola e quasi 3400 in Congo, tutti divampati tra giovedì 22 e venerdì 23 agosto 2019, a fronte dei 2200 amazzonici. 

Questi fenomeni catastrofici, che stanno ricevendo minore attenzione internazionale rispetto a quelli dell'Amazzonia, vanno avanti da luglio 2019 e non accennano a diminuire. Inutile dire che le conseguenze dei roghi africani sono gravissime: la sola foresta pluviale del Congo, ad esempio, è considerata il "secondo polmone verde" della Terra dopo la foresta amazzonica.

Secondo gli esperti, si tratta dei peggiori incendi registrati negli ultimi 15 anni: attualmente, stando alle rilevazioni del programma di osservazione della Terra Copernicus, in Africa centrale stiamo perdendo la maggiore concentrazione di biomasse dell'intero Pianeta.

Come è accaduto per i roghi in Siberia e ancor più per quelli divampati in Sudamerica, anche nel caso di Congo, Angola e Africa centrale alla base di questa catastrofe c'è la mano umana. In particolar modo, la necessità degli uomini di "fare spazio" alle loro attività agricole e di allevamento, laddove vedono presunti "ostacoli" naturali.

NASA Earth Observatory

NASA Earth Observatory

Ecco che allora si decide di "ripulire" la foresta appiccando incendi, basandosi sul principio secondo cui la cenere che si deposita a terra dopo i roghi rende i suoli più fertili e produttivi per allevamenti e colture. Politiche e visioni alquanto sconsiderate, attuate puntualmente ogni anno prima della stagione delle piogge, ma che non tengono minimamente conto delle conseguenze catastrofiche che generano.

Gli incendi, infatti, immettono nell'aria quantità enormi di anidride carbonica e gas serra, distruggono habitat, uccidono animali e, soprattutto, rendono il terreno molto più soggetto a una rapida erosione, e quindi a un suo più veloce "consumo". 

La natura terrestre sta vivendo davvero un momento di estremo pericolo. Sembra superfluo ribadirlo ma, mai come ora, occorre innanzi tutto una presa di coscienza internazionale su quanto sta realmente accadendo, per poi agire in maniera mirata. I buoni propositi non bastano più: occorrono fatti concreti per salvare il meraviglioso ambiente che ci ospita.

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