Una proteina alla base del diabete di tipo 2: la trasmissione tra uomini come per la mucca pazza

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di Claudia Melucci

07 Agosto 2017

Una proteina alla base del diabete di tipo 2: la trasmissione tra uomini come per la mucca pazza
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Il diabete, sia esso di tipo 1 o di tipo 2, è ormai una questione globale: al mondo toccano il miliardo le persone che soffrono di questa patologia sulla quale c'è ancora molto da scoprire. Una diffusione così ampia che gli scienziati non riescono ad attribuirla solo ad un fatto di genetica e di fattori ambientali. Nel quadro manca un tassello che giustifichi il crescere di questa importante malattia. A riguardo i ricercatori dell'Università del Texas hanno avanzato un'ipotesi che aprirebbe a nuovi scenari. 

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I ricercatori hanno studiato la possibilità che il diabete di tipo 2 possa essere contratto a seguito di trasfusioni di sangue, trapianti o anche essere trasferito al feto prima della nascita.

I ricercatori hanno studiato la possibilità che il diabete di tipo 2 possa essere contratto a seguito di trasfusioni di sangue, trapianti o anche essere trasferito al feto prima della nascita.

Victor/Flickr

Di mezzo dunque ci potrebbe essere il sangue contaminato che entra a contatto con persone "sane". Ma contaminato da cosa? A quanto pare da una proteina dal comportamento anomalo. C'è subito da chiarire che il contagio non funziona come un'influenza: ci sono altre condizioni che si devono verificare per portare alla contrazione della malattia vera e propria.

I ricercatori dell'Università del Texas hanno notato un anomalo deposito di proteine nel 90% dei pazienti affetti da diabete di tipo 2. Le proteine erano malformate per quanto riguarda la loro forma tridimensionale: quando presentano tale anomalia le proteine non riescono a svolgere il loro ruolo, determinando un accumulo.

Gli scienziati, incuriositi dalla presenza di tale anomalia proteica, sono passati all'esecuzione di un test su cavie da laboratorio: quello che hanno fatto è stato essenzialmente iniettare in topi sani piccole quantità della proteina malformata. In un primo momento si sono generati depositi di quella stessa proteina ma, dopo qualche settimana, i topi manifestavano i sintomi caratteristici del diabete di tipo 2.

La modalità di diffusione è molto simile ad una malattia con cui abbiamo avuto a che fare qualche anno fa: la mucca pazza. Anche in quel caso inizia tutto da una proteina malformata che viene trasmessa ad individui sani. 

"Abbiamo visto come possiamo indurre la malattia soltanto somministrando questo aggregato di proteine", ha riassunto il responsabile della ricerca, Claudio Soto. 

Ma l'Università ci tiene a sfatare falsi miti ed allarmismi: nonostante questa possibilità, ancora tutta da vagliare, il diabete di tipo 2 è lontano dal poter essere definito una malattia contagiosa.

Lo studio, pubblicato sul The Journal of Experimental Medicine, apre a nuovi scenari: oltre ad incentivare nuovi studi su questa scoperta, la ricerca permette di indagare meglio sulle possibili terapie e sui fattori di rischio.

Il diabete è una questione importante a cui, nonostante i notevoli risultati ottenuti negli ultimi anni, si sta facendo ancora troppo poco: l'incidenza sulla popolazione mondiale è troppo alta, e bisogna capire davvero cosa sta a monte di questa malattia.

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