Il pane di una volta durava di più e si digeriva meglio, ma tornare agli antichi metodi si può

di Giulia Bertoni

20 Maggio 2017

Il pane di una volta durava di più e si digeriva meglio, ma tornare agli antichi metodi si può
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L'odore del pane appena sfornato è in grado di provocare fantasie culinarie che ci fanno sognare a occhi aperti e la cosa più bella è proprio consumarlo fresco. Soffermandoci un attimo su questo aggettivo, vogliamo farvi notare come il pane dei nostri tempi il giorno dopo ha tutt'altro sapore e consistenza. Una volta però non era così, sia perché si sapeva come conservarlo, sia perché veniva prodotto con altri metodi, ai quali sarebbe il caso di tornare al più presto.

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Il pane di una volta

Il pane di una volta

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Oggi le farine prodotte a livello industriale hanno poco a che vedere con il grano che viene raccolto nei campi, sia perché la materia prima viene trattata con concimi chimici che garantiscono una resa maggiore ma ne alterano la composizione, sia perché viene rimosso il germe interno soggetto a irrancidimento e inoltre perché viene trattato con macchinari che emettono calore (mulini a cilindro) rendendo di fatto sostanza bruciata quella che andiamo poi a consumare.

Se a tutto questo si aggiunge il fatto che il 40% del grano utilizzato nelle grandi fabbriche proviene da paesi come il Canada e la Francia, appare chiaro che i rischi di mangiare qualcosa di insalubre aumentano, soprattutto perché è possibile che all'estero vengano utilizzate sostanze illegali*. Cosa fare dunque? Non dobbiamo inventarci nulla di nuovo: la cosa migliore è sostenere quanti tentano di tornare all'antico metodo di produzione, ossia quello della macinazione a pietra naturale e il ricorso al lievito madre (o pasta acida) che rende l'alimento più facile da digerire e lo conserva più a lungo.

*Gli organismi certificati dell'UE naturalmente fanno dei controlli di qualità e per questo il rischio di importare grano contaminato da antiparassitari o metalli è limitato

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Il progetto Mulinum

Il progetto Mulinum

Mulinum

Per fare un esempio di chi si impegna a tornare a questi antichi metodi, vogliamo parlarvi dell'azienda calabrese della località San Floro che in un solo anno è riuscita a ottenere ottimi risultati di produzione di una farina ottenuta da grano nazionale e biologico.

Il loro progetto si chiama progetto Mulinum e dal 2016 ha iniziato a recuperare i grani antichi, in particolar modo le varietà Senatori Cappelli (grano duro) e Verna (grano tenero integrale)*, andandoli a macinare proprio con i mulini a pietra naturale: il risultato è una farina che mantiene le proprietà del grano, che è ricca di fibre e che contiene una minore quantità di glutine. Il consiglio è dunque quello di informarvi per scoprire attività commerciali simili nella vostra zona, o comunque evitare il più possibile il consumo di farine altamente raffinate.

* si tratta di varietà molto utilizzate in Italia più o meno fino al 1965, quando poi si è passati a varietà ad alta resa

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