Uno studio norvegese ha quantificato le radiazioni che ci hanno colpiti dopo Fukushima: ecco i risultati

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di Claudia Melucci

13 Maggio 2017

Uno studio norvegese ha quantificato le radiazioni che ci hanno colpiti dopo Fukushima: ecco i risultati

Il problema dei giorni nostri è che pensiamo erroneamente che le notizie esistano fintantoché ne si sente parlare al telegiornale, sui quotidiani e sui social. In altre parole, nel momento in cui nessuno pone più al centro dell'attenzione un problema questo viene considerato come se fosse stato magicamente risolto. Purtroppo non è la realtà, e così la questione ambientale di Fukushima esiste ancora, nonostante a nessuno venga più in mente di farne un servizio da mandare in onda. L'Istituto Norvegese per lo Studio dell'Aria non ha mai smesso di tenere gli occhi puntati sulla centrale esplosa nel 2011, e negli ultimi giorni ha pubblicato gli effetti sulla popolazione del disastro nucleare. 

naturalflow/Flickr

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Gli studiosi norvegesi hanno esaminato i dati raccolti dal Comprehensive Nuclear-Test-Ban Treaty Organisation, un gruppo di ricerca che studia gli effetti sulla popolazione umana e sull'ambiente delle esplosioni o incidenti nucleari avvenuti in tutto il mondo. I dati tracciano l'attività sismica e la quantità di particelle radioattive nell'atmosfera: nel caso specifico di Fukushima è stato preso in esame il cesio-137, un elemento pesante in grado di spostarsi su lunghe distanze grazie alla sua solubilità in acqua. 

Prima di passare a conoscere le quantità effettive di radiazioni che la popolazione ha subito, è necessario capire il significato dell'unità di grandezza con cui si misura l'attività radioattiva: si chiama sieverts e corrisponde alla quantità di energia radioattiva che un corpo riceve dalla radiazione stessa. 0,1 millisievert è quello che subiamo dopo una radiografia. 

Gli studiosi hanno rilevato che solo il 23% del cesio-137 rilasciato dalle esplosioni è rimasto in Giappone, mentre il resto si è riversato negli oceani. "Più dell'80% della radiazione si è depositata nelle acque degli oceani e ai poli, pertanto la popolazione globale ha subito solo una minima esposizione", ha affermato un ricercatore del team alla conferenza europea di Geoscienza tenutasi a Vienna.

È stato ovviamente il Giappone ad essere stato investito da radiazioni consistenti, soprattutto nei giorni seguenti al disastro: nei successivi 3 mesi i livelli di radiazione gamma, nella zona limitrofa a Fukushima, hanno toccato quota 5 millisievert.  Il resto del paese è stato colpito da 0,5 millisievert, corrispondente più o meno ad una tomografia computerizzata. 

Il resto del mondo è stato interessato solo da 0,1 millisievert, al pari di una lastra a raggi X in più. 

Non bisogna dimenticare inoltre che ognuno di noi è soggetto ad una quantità di radiazioni annuale che oscilla tra 1,5 mSv and 3 mSv: tra i fattori che aumentano l'esposizione sono lunghi viaggi in aereo, l'assunzione di cibo contaminato e l'inquinamento ambientale. 

Stando ai risultati dello studio sembra che possiamo tirare un sospiro di sollievo, ma non cadiamo in un pensiero troppo egoistico e non dimentichiamo la fauna e la flora circostanti il territorio di Fukushima, seriamente interessate dalle radiazioni. Non sarà stato un disastro paragonabile a quello di Chernobyl del 1986, ma è chiaro che ancora abbiamo da imparare sulla gestione delle centrali nucleari... A scapito dell'ambiente.