Nel 1974 quest'artista lasciò che usassero il suo corpo come un oggetto per 6 ore: una performance che destò scalpore

di Giulia Bertoni

22 Aprile 2017

Nel 1974 quest'artista lasciò che usassero il suo corpo come un oggetto per 6 ore: una performance che destò scalpore
Advertisement

I più giovani forse conosceranno l'artista performativa Marina Abramović grazie a un curioso fatto accaduto durante una sua esibizione al MoMA di New York (video alla fine), ma l'originalità delle sue creazioni ha rappresentato una costante del suo percorso sin dagli esordi. Oggi vogliamo parlarvi di una performance che Abramović tenne in Italia nel 1974 che, come dev'essere stato anche per lei, è psicologicamente destabilizzante: per sei ore lasciò che il proprio corpo venisse utilizzato alla stregua di un oggetto da chiunque volesse prendere parte all'esperimento artistico. Ecco come andò.

via wikipedia.org

Advertisement

Per testare i limiti del rapporto fra artista e pubblico, nel 1974 Abramović tenne una performance artistica nella città di Napoli intitolata 'Rhythm 0'.

Per testare i limiti del rapporto fra artista e pubblico, nel 1974 Abramović tenne una performance artistica nella città di Napoli intitolata 'Rhythm 0'.

Marina Abramovic Institute

Advertisement

Nello spazio in cui si tenne Rhythm 0 furono disposti 72 oggetti, "di piacere e di dolore", che i presenti potevano utilizzare su di lei in qualsiasi modo volessero.

Nello spazio in cui si tenne Rhythm 0 furono disposti 72 oggetti, "di piacere e di dolore", che i presenti potevano utilizzare su di lei in qualsiasi modo volessero.

Marina Abramovic Institute

Fra questi oggetti vi erano: una rosa, una piuma, del miele, una frusta, olio d'oliva, delle forbici, uno scalpello, una pistola e un proiettile.

Fra questi oggetti vi erano: una rosa, una piuma, del miele, una frusta, olio d'oliva, delle forbici, uno scalpello, una pistola e un proiettile.

Marina Abramovic Institute

In quelle sei ore l'artista si impose un atteggiamento completamente passivo e lasciò che il pubblico agisse.

In quelle sei ore l'artista si impose un atteggiamento completamente passivo e lasciò che il pubblico agisse.

Marina Abramovic Institute

All'inizio l'interazione fu timida, la maggior parte dei partecipanti si limitava ad atti innocenti.

All'inizio l'interazione fu timida, la maggior parte dei partecipanti si limitava ad atti innocenti.

Marina Abramovic Institute

Advertisement

Ma col passare delle ore l'impassibilità dell'artista sembrava alimentare l'aggressività del pubblico.

Ma col passare delle ore l'impassibilità dell'artista sembrava alimentare l'aggressività del pubblico.

Marina Abramovic Institute

I presenti si presero libertà sempre maggiori, arrivando a utilizzare gli oggetti del dolore con grande facilità.

I presenti si presero libertà sempre maggiori, arrivando a utilizzare gli oggetti del dolore con grande facilità.

Marina Abramovic Institute

Advertisement

Alla fine della performance il suo corpo presentava tutti i segni delle azioni compiute dai partecipanti: nuda, ricoperta di sostanze, graffi e tagli.

Alla fine della performance il suo corpo presentava tutti i segni delle azioni compiute dai partecipanti: nuda, ricoperta di sostanze, graffi e tagli.

Marina Abramovic Institute

Il commento di Abramović alla fine della performance che rimane ancora oggi una delle sue più conosciute e impattanti fu: "Ho imparato che se ti abbandoni al pubblico totalmente questo può arrivare a ucciderti. Mi sono sentita veramente violata: hanno strappato i miei vestiti, conficcato nella pancia spine di rosa, una persona mi ha puntato la pistola [carica, N.d.r.] alla gola. [...] Si era creata un'atmosfera di aggressività. Dopo esattamente sei ore, come pianificato, mi sono alzata e mi sono diretta verso il pubblico ma si sono tutti dileguati per evitare un confronto".

Qui sotto potete vedere la performance a cui accennavamo all'inizio che ha avuto luogo nel 2010, ossia il momento in cui Abramović si ritrova seduto davanti a sé la persona con cui aveva condiviso ben dieci anni della sua vita e dalla quale si era separata nel 1988 (si tratta dell'artista tedesco Ulay).

Advertisement