Ingegneria spettacolare: ecco come funzionavano i giardini galleggianti degli Aztechi

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di Marco Renzi

22 Agosto 2016

Ingegneria spettacolare: ecco come funzionavano i giardini galleggianti degli Aztechi
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Quando nel 1519 Cortez scoprì il maestoso impero degli Aztechi, si trovò davanti la gigantesca capitale Tenochtitlán, che sorgeva su un'isola del lago Texcoco ed ospitava circa 200.000 persone. 

Il centro urbano era uno dei più fiorenti e ben organizzati che esistessero all'epoca sul continente: uno degli esempi del suo livello di sviluppo erano le chinampas, giardini galleggianti che permettevano di rendere coltivabile la superficie del lago e di sfamare così l'enorme popolazione.

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Ogni appezzamento di giardino era lungo circa 100 metri e largo 10. Si iniziava intrecciando centinaia di rami fino a formare una grande zattera; questa serviva da scheletro portante per la piattaforma vera e propria, fatta di fango che veniva accumulato a partire dal fondo del lago fino ad alzarsi di circa un metro sulla superficie dell'acqua.

Per evitare che si muovessero, venivano fissate con dei salici piantati agli angoli.

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Tra un giardino e l'altro vi era lo spazio per far passare le canoe con braccianti e materiali per la coltivazione. Il tutto ricopriva una superficie di quasi 90 chilometri quadrati.

Le colture principali erano mais, fagioli, zucche, pomodori, peperoni e fiori.

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Cosa ne è stato delle chinampas?

La superiorità militare degli spagnoli era schiacciante, e Cortez era più avido di oro che di mais: poco dopo il suo arrivo ordinò che le chinampas fossero distrutte dalle stesse mani che le avevano costruite, e finirono sul fondo del lago dove rimasero per sempre.

Il destino della città fu quello di molti altri centri che venivano a contatto con i conquistadores spagnoli: Tenochtitlán fu rasa al suolo solo un paio di anni dopo, sulle sue macerie fu poi costruita Città del Messico e il lago fu quasi del tutto prosciugato.

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