Educare i figli con punizioni fisiche non li rende più disciplinati e bravi, ma violenti

di Francesca Torino

29 Ottobre 2018

Educare i figli con punizioni fisiche non li rende più disciplinati e bravi, ma violenti
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Essere genitori non è facile e talvolta sopportare i tanti capricci dei propri figli durante tutte le loro fasi di crescita, diventa un compito arduo. Così accade, che portati allo sfinimento, si ricorra a punizioni corporali per "educarli". Niente di più sbagliato. Chi dice che sia un metodo che aiuti a crescere o a far capire gli sbagli dei propri figli? Siamo proprio certi che ciò non abbia ripercussioni diverse da quelle che ci si aspetterebbe? Uno nuovo studio canadese rivela che applicare punizioni di questo tipo non aiuterà i ragazzi a crescere nel modo più sano, ma contribuirà a renderle persone violente.

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Lo studio

Lo studio

Counselling/pixabay

Lo studio, condotto dal Dr. Frank Eglar dell'Istituto di salute e politica della McGill University di Montreal (Canada) e pubblicato sulla rivista scientifica "BMJ journal", ha coinvolto 400.600 adolescenti di 88 paesi diversi. A questo campione di giovanissimi è stato chiesto a quanti scontri o lotte hanno partecipato (ovviamente al di fuori dell'ambito familiare). Le risposte, raccolte e analizzate dai ricercatori, hanno portato alla seguente conclusione: nei paesi dove è vietato per legge di punire con la violenza i figli, questi si ritrovano coinvolti in episodi di scontri fisici in minori occasioni o per niente; mentre, in quelli dove non esiste una legiferazione in materia, i ragazzi sono spesso protagonisti attivi di azioni violente. Le nazioni governate da queste leggi sono, attualmente, sono circa 52, tra queste ricordiamo la Francia, la Spagna, il Portogallo, la Finlandia, la Svezia, la Norvegia, il Costa Rica, l'Honduras, la Tunisia, la Polonia, il Lussemburgo, l'Irlanda, l'Austria, la Mongolia, il Paraguay, la Slovenia, la Romania, il Venezuela e la Germania. 

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Le alterative alle punizioni corporali

Le alterative alle punizioni corporali

Ashish_Choudhary/pixabay

Il quadro che è emerso dai risultati della ricerca è che i ragazzi che vivono in contesti, sia familiari sia scolastici, non violenti vivono in modo più sano. Chi vive, invece, in ambienti opposti, ha e avrà comportamenti violenti e rabbiosi contro gli altri, vedendo nella coercizione l'unico strumento disponibile per risolvere i problemi o sfogare stati di malessere e disagio.

Esistono altri modi alternativi alle punizioni corporali, che i genitori possono usare per educare i propri figli, non dimenticandosi mai di avere molta pazienza.

  • 1. Parlare con loro: per quanto possa essere difficile frenare la propria esasperazione e rabbia nei loro confronti, bisogna fermarsi un attimo e prendere un profondo respiro. È necessario non dargli quello che vogliono, ossia una reazione del genitore. Quest'ultimo deve cercare in tutti i modi di mantenere la calma per spiegargli dove hanno sbagliato e in cosa. Per far comprendere ai ragazzi, che si è arrabbiati con loro, è utile usare frasi brevi e incisive. Non ci devono essere fraintendimenti e devono essere percepite dai figli come delle piccole frecce.
  • 2. Girarsi e andar via: quando un genitore sente che sta per esplodere di rabbia, è meglio se si gira e se ne va via. Questo gesto eviterà che entrambe le parti si ritrovino in situazioni dove la ragione è segregati nei meandri più nascosti del proprio Io. Meglio affrontarsi quando i bollori si raffreddano, a mente lucida. Importante: mai evitare il confronto verbale, andare via non significa infatti ignorarsi e non risolvere le proprie dispute, ma farlo con un approccio più costruttivo.
  • 3. Punire privando qualcosa: troppo spesso i genitori concedono troppo ai figli, che vogliono sempre di più. La punizione migliore da adottare in alternativa alle botte, è privare il proprio ragazzo di qualcosa, un'uscita con gli amici, giocare ai videogames, pulire la propria stanza. Questo metodo gli farà capire che a ogni azione sbagliata c'è sempre un prezzo da pagare.
  • 4. Far sì che i figli si assumano le proprie responsabilità: quest'ultimo punto è strettamente correlato al terzo. Esiste sempre una conseguenza alle proprie azioni, sbagliate o giuste che siano, ed è importate imparare ad affrontarla assumendosi le proprie responsabilità. Ad esempio, se il proprio ragazzo decide di non fare i compiti per la scuola, sarà lui a doversela vedere con gli insegnati, non devono essere i genitori a giustificarlo. Crescere in questo modo contribuirà a renderlo consapevole delle proprie azioni e a saperle fronteggiare nell'età adulta.

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