Anna Coleman: la donna che ricostruì i volti e le vite dei soldati mutilati nella Prima Guerra Mondiale

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di Claudia Melucci

24 Agosto 2018

Anna Coleman: la donna che ricostruì i volti e le vite dei soldati mutilati nella Prima Guerra Mondiale
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La Prima Guerra Mondiale rimane uno dei conflitti più atroci e cruenti che l'uomo abbia mai messo in atto: per gli storici si tratta di un conflitto di confine tra la tradizionale guerra antecedente, fatta di sfilate, parate e riti militari, e la guerra moderna, di strategia, di trincea, di mobilitazione generale. Il primo conflitto mondiale fu anche l'occasione per l'entrata in scena delle armi chimiche, che giustificano l'elevato numero di vittime.

Chi è sopravvissuto alla Grande Guerra ha potuto riabbracciare la propria famiglia, certo, ma molto spesso con dei danni fisici e psicologici indelebili. Negli ultimi anni del conflitto, la scultrice Anna Coleman Watts Ladd lasciò i suoi lavori artistici per impiegare le sue doti artistiche nell'aiuto dei reduci di guerra, costruendo delle protesi facciali - e non solo - che il più delle volte hanno permesso a questi uomini sfigurati di riprendere a vivere una vita più vicina alla normalità.

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Anna Coleman, la donna che ricostruì i volti e le vite di centinaia di soldati reduci di guerra.

Anna Coleman, la donna che ricostruì i volti e le vite di centinaia di soldati reduci di guerra.

American Red Cross/Wikimedia

Anna Coleman nacque a Filadelfia, ma durante i suoi studi visse tra Roma e Parigi. Sposò il medico Maunard Ladd ed insieme a lui si stabilì in Francia, quando questi venne trasferito in qualità di medico della Croce Rossa americana. 

Nella capitale francese, Anna Coleman conobbe lo scultore inglese Francis Derwent Wood, che a Londra fondò il Dipartimento di Maschere per visi sfigurati: si tratta si un'atelier in cui venivano costruite protesi facciali e non, per i soldati rimasti sfigurati durante il conflitto. 

Immagine: Anna Coleman esegue gli ultimi ritocchi ad una protesi del mento e della mascella indossata da un soldato visibilmente felice.

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National Museum of Health and Medicine/Flickr

National Museum of Health and Medicine/Flickr

L'attività insolita dell'amico, per la quale aveva abbandonato quasi completamente la vita artistica, affascinò la donna che decise di seguirne le tracce. Confezionare nasi, menti, mascelle o parti più grandi del volto richiedeva una conoscenza approfondita dell'anatomia, nonché di una grande abilità nella modellazione dei materiali, di cui la Coleman poteva già vantarsi.

Il lavoro assorbì completamente l'artista che, insieme all'ormai collega Derwent Wood, aprì lo Studio per le maschere-ritratto.

Immagine: stampi in gesso, argilla e plastilina di alcuni soldati, eseguiti da Anna Coleman. 

internetarchivebookimages/Flickr

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L'uso delle armi da fuoco e di quelle chimiche provocò la morte di oltre 16 milioni di persone, insieme a 20 milioni di feriti e mutilati - sia militari che civili. Numeri enormi che cambiarono profondamente le società reduci: i soldati che tornavano dalla guerra non erano gli stessi uomini partiti al fronte. Molti tornavano provati psicologicamente, con disturbi nervosi evidenti, altri con ferite che avrebbero ostacolato il ritorno alla 'normalità', se questo era mai possibile. 

Immagine: esempio di ricostruzione di un'ampia porzione del volto eseguito da Anna Coleman. 

American Red Cross/Wikimedia

American Red Cross/Wikimedia

Anna Coleman cercò di dare una seconda possibilità a questi uomini, costruendo per loro protesi che mascherassero il più possibile le cicatrici e le deformazioni.

Immagine: soldato con e senza maschera del mento.

Ames, Fisher/Wikimedia

Ames, Fisher/Wikimedia

Il lavoro della Coleman iniziava con uno stampo in gesso, argilla o plastilina, del volto. Dal calco ricavava delle maschere in rame zincato che verniciava di un colore il più simile possibile a quello della pelle del soldato. Il più delle volte, la maschera veniva dotata di lacci, di modo che potesse essere legata alle orecchie, sul retro della testa oppure ancorata agli occhiali. 

Il difficile del lavoro era ricreare parti del volto in maniera estremamente naturale, con i mezzi limitati di cui si disponeva all'epoca. 

Immagine: calchi dei volti dei soldati mutilati (fila in alto) e anteprima del lavoro di ricostruzione (fila in basso). Lavori di Anna Coleman.

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internetarchivebookimages/Flickr

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Le maschere, essendo in metallo, erano rigide e non restituivano espressività al volto del mutilato: tuttavia, offrivano qualcosa di molto più importante, la dignità, la possibilità di passare inosservati senza a ricordare agli altri e a se stessi l'orrore vissuto in un conflitto da cui, forse, abbiamo imparato troppo poco. 

Ad Anna Coleman venne consegnata la Legion d'Onore dallo stato francese per il suo esimio lavoro. Anche dopo il conflitto, tornata negli Stati Uniti, Anna continuò a dedicarsi allo studio del volto. 

Immagine: ricostruzione del mento di un soldato francese mutilato.

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