Abbiamo sempre sbagliato il modo in cui cerchiamo tracce di vita sugli altri pianeti

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di Gianmarco Bonomo

08 Gennaio 2024

Abbiamo sempre sbagliato il modo in cui cerchiamo tracce di vita sugli altri pianeti
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Non è facile individuare tracce della vita su altri pianeti, o anche solo pianeti abitabili. Le variabili sono tantissime, e la strumentazione non sempre riesce a oltrepassare i limiti costituiti dalle enormi distanze spaziali. Eppure, gli astronomi potrebbero aver individuato un nuovo metodo per riuscire a stabilire se un esopianeta può aver ospitato la vita. O potrebbe farlo.

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Come trovare le tracce della vita su altri pianeti?

Come trovare le tracce della vita su altri pianeti?

NASA/JPL-Caltech

Uno degli indizi sulla possibile abitabilità di un esopianeta è la sua presenza nella cosiddetta “fascia di abitabilità”. Si tratta della distanza perfetta dalla stella, che permetta la presenza di acqua liquida in superficie. Questo in teoria, perché individuare l'acqua liquida non è semplice, a decine e spesso centinaia di anni luce di distanza. Per questa ragione, con una dinamica che gli astronomi usano da decenni, alcuni ricercatori hanno pensato di cercare prove “indirette” che ci sia acqua negli esopianeti.

Una di queste prove consiste nella quantità di anidride carbonica presente nell’atmosfera, confrontandola fra diversi pianeti e usandola per stabilire una “firma di abitabilità”. In linea teorica, sarebbe quindi possibile identificare tutti quei pianeti su cui potrebbero esserci oceani e, forse, anche la vita. La scelta di questo gas, poi, è importante anche da un punto di vista della rilevazione: l’anidride carbonica ha infatti una forte assorbenza nell’infrarosso, e quindi è più semplice da individuare. In pratica, il fenomeno che sulla Terra è alla base del riscaldamento climatico, potrebbe aiutarci a trovare le tracce della vita su altri pianeti.

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Misurare i livelli di anidride carbonica sugli esopianeti

Misurare i livelli di anidride carbonica sugli esopianeti

ESA/Hubble

Secondo la ricerca pubblicata su Nature Astronomy, i livelli di anidride carbonica nell’atmosfera possono essere indicatori della presenza di oceani di acqua liquida sulla superficie. Per arrivare a questa conclusione, il team di astronomi ha osservato come la Terra abbia significativamente meno anidride carbonica nell’atmosfera rispetto a Venere e Marte, i due pianeti del Sistema Solare più simili al nostro. E la quantità inferiore è dovuta al fatto che, per centinaia di milioni di anni, gli oceani della Terra hanno assorbito anidride carbonica, lasciando tracce di questa attività nell’atmosfera. Secondo Amaury Triaud, principale autore della ricerca , è possibile comparare i pianeti rocciosi della fascia abitabile proprio sulla quantità di anidride carbonica:

Partendo dal presupposto che questi pianeti sono stati creati in modo simile, se in un pianeta rileviamo molto meno carbonio, ciò significa che deve essere andato da qualche parte. L’unico processo in grado di rimuovere così tanto carbonio dall’atmosfera è un robusto ciclo dell’acqua che coinvolga oceani di acqua liquida.

Individuare i pianeti abitabili è possibile?

Individuare i pianeti abitabili è possibile?

NASA/JPL-Caltech

Per individuare i pianeti abitabili utilizzando i livelli di anidride carbonica, i ricercatori vogliono agire su tre diverse fasi. Una prima fase è costituita dalla presenza di anidride carbonica atmosferica mediante il James Webb Space Telescope. A questa, seguirà una seconda fase in cui sarà necessario valutare i livelli di anidride carbonica. Infine, una terza fase cercherà la presenza di molecole di ozono nell’atmosfera: l’obiettivo non è soltanto quello di stabilire se un pianeta è abitabile, ma anche se può sostenere la vita su ampia scala. E l’ozono è il candidato perfetto per questa ricerca, dal momento che si individua più facilmente rispetto all’ossigeno e potrebbe anche indicare la presenza di biomassa.

La ricerca condotta dall’Università di Birmingham apre nuove possibilità che non riguardano soltanto l’individuazione di pianeti abitabili, quanto l’esplorazione spaziale nella sua interezza. Affinando gli strumenti che ci permettono di studiare lo spazio, ci avviciniamo sempre di più a rispondere alla domanda delle domande. Siamo soli nell’universo?

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