Quella volta che un ex dipendente del Louvre rubò la Gioconda

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di Gianmarco Bonomo

21 Ottobre 2023

Quella volta che un ex dipendente del Louvre rubò la Gioconda
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La Gioconda è forse l’opera d’arte più conosciuta al mondo. Il dipinto di Leonardo da Vinci è noto al mondo per il suo enigmatico sorriso e la sua affascinante storia. Sono in molti a pensare, quasi una leggenda urbana tramandata per secoli, che fu Napoleone a portarla via dall’Italia. Di certo, questo era quello che pensava Vincenzo Peruggia, l’italiano che nel 1911 rubò la Gioconda dal Louvre di Parigi. Questa è la sua storia.

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Il furto della Gioconda: l’audace “impresa” di Vincenzo Peruggia

Il furto della Gioconda: l’audace “impresa” di Vincenzo Peruggia

C2RMF/Wikimedia Commons

Il giorno è il 22 agosto 1911. Il pittore francese Louis Béroud si reca al Louvre di Parigi per svolgere il suo lavoro da copista: quel mattino vuole ritrarre la famosa Gioconda. Entra nel museo, attraversa le sale e arriva davanti al capolavoro di Leonardo da Vinci. Di fronte a lui si apre uno scenario incredibile: il dipinto è sparito. Anzi, la Gioconda è stata rubata.

A commettere il furto, come si saprà qualche anno più tardi, è Vincenzo Peruggia, un giovane italiano che aveva lavorato al Louvre per alcuni anni. Peruggia pensa di essere un patriota, e si è convinto che la Gioconda sia stata sottratta da Napoleone durante l’occupazione francese. Da ex dipendente, conosce molto bene il museo di Parigi e ha pianificato il furto nei minimi dettagli. Il 21 agosto 1911 si nasconde in uno sgabuzzino del Louvre e attende la chiusura. Allora esce, rimuove il dipinto dalla cornice e lo ripone all’interno del cappotto.

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La Gioconda rubata “torna” in Italia, ma per poco

La Gioconda rubata “torna” in Italia, ma per poco

Pexels

Il piano di Vincenzo Peruggia è appena all’inizio. Il ladro italiano nasconde il dipinto nel proprio appartamento per ben 28 mesi, più di due anni in cui della Gioconda non si sa più nulla. Fino a quando Peruggia non decide di tornare in Italia e, a Firenze, non prende contatti con un antiquario fiorentino di nome Alfredo Geri.

Vincenzo Peruggia pensa di essere un patriota, l’abbiamo appena detto, e vuole soltanto restituire il capolavoro di Leonardo da Vinci al proprio Paese. Allora scrive una lettera all’antiquario Geri e la firma con lo pseudonimo Leonardo V: dice di essere in possesso della Gioconda e di volerla vendere per 500 mila lire. Una miseria per il quadro più famoso del mondo.

Una volta appurata l’autenticità del dipinto, però, Alfredo Geri contatta le autorità italiane e fa arrestare Vincenzo Peruggia. Il resto è storia: la Gioconda viene restituita al Louvre il 4 gennaio 1914, mentre il giovane patriota viene condannato a un anno e mezzo. Viene rilasciato molto prima, in parte perché gli viene riconosciuta l’infermità mentale. Tornato a Parigi, Vincenzo continua a lavorare come decoratore e muore in Francia nel 1925, nel giorno in cui compie 44 anni.

 

Cosa ci dice la storia di Vincenzo Peruggia

Cosa ci dice la storia di Vincenzo Peruggia

Wikimedia Commons

La storia di Vincenzo Peruggia ha certamente alcuni livelli di complessità, e mostra come la passione e la convinzione portino a compiere gesti incredibili. Certo è però che oggi il furto della Gioconda fa sorridere: il piano del ladro, il tentativo di vendita, la certezza che il quadro fosse stato rubato da Napoleone sono tutti elementi che concorrono a questo effetto. Di certo, Vincenzo Peruggia non aveva idea che la Gioconda non era stata rubata dai francesi. Tutto il contrario!

Dipinta da Leonardo da Vinci tra il 1503 e il 1506, la Gioconda aveva seguito il pittore fiorentino nei suoi viaggi per l’Europa. Alla fine, il quadro era diventato parte della collezione dei regnanti francesi, non si sa se regalato o venduto da Leonardo al Re di Francia. Per una volta, quindi, non è Napoleone il colpevole del perché la Gioconda si trova a Parigi. La responsabilità è proprio del suo autore, e non ce ne voglia Vincenzo Peruggia, patriota d’altri tempi.

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