Nel Far West un cowboy su 4 era di colore: la storia poco conosciuta di questi mandriani leggendari

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di Lorenzo Mattia Nespoli

27 Maggio 2021

Nel Far West un cowboy su 4 era di colore: la storia poco conosciuta di questi mandriani leggendari
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Chi non ha mai visto un film western? Nell'immaginario collettivo, le storie ambientate nei territori di frontiera degli Stati Uniti hanno connotazioni e personaggi ben precisi. Fra tutti i cowboys, celebri mandriani che badavano al bestiame nei ranch statunitensi, sono state figure piuttosto idealizzate, frutto di accurate scelte che hanno influito sull'intera immagine del selvaggio West.

Cosa intendiamo? Semplice: vi è mai capitato di trovarvi davanti a un cowboy afroamericano? Se avete risposto no, sappiate che invece esistevano eccome, erano piuttosto talentuosi e non erano certo una minoranza. Peccato che siano stati praticamente rimossi dalla cultura popolare. Ecco perché abbiamo deciso di raccontarvi la loro storia, meno conosciuta ma non meno affascinante.

via Smithsonian Magazine

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Texas State Historical Association/Wikimedia

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Verso la fine del 1800 i cowboys di colore, negli Stati di frontiera, erano una realtà piuttosto numerosa. Si parla di oltre un quarto del totale dei mandriani che all'epoca si dedicavano ai ranch. Se tuttavia non ne avete mai sentito parlare, non preoccupatevi perché non siete i soli. Nell'immaginario collettivo, quello fatto di fumetti, storie, libri e ovviamente film, semplicemente non hanno mai trovato posto.

I veri cowboys, dunque, non erano solo personaggi alla John Wayne o alla Clint Eastwood, ma anche dei coraggiosi afroamericani. Stiamo parlando di persone che, subito dopo la Guerra civile, erano fuggite dagli Stati del sud, dove erano costretti a lavorare come schiavi, oppure di loro diretti discendenti. In cerca di lavoro e nuove occasioni, dunque, molti di questi particolari cowboys si distinsero per le abilità con gli animali, anche se la loro vita non era sempre facile.

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Norman Films/Wikimedia

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Le discriminazioni nei loro confronti, infatti, erano all'ordine del giorno, e non di rado venivano esclusi da determinate situazioni, proprio per via del colore della pelle. Storie di razzismo raccontate, tra gli altri, anche da William Loren Katz nelle sue opere (Black West, per citarne una). Eppure, questi bovari di colore erano anche piuttosto richiesti, viste le loro abilità che li distinguevano dai "colleghi" bianchi, sviluppate in primis negli Stati del sud, da cui provenivano e dove avevano fatto pratica - come schiavi - nella gestione degli animali.

Nat Love, John Ware, Bill Pickett, Bose Ikard sono solo quattro dei nomi più noti, le cui gesta hanno per anni e anni riempito le storie di quel periodo a cavallo tra i due secoli, facendoli diventare delle vere leggende. Nella sua autobiografia, Nat Love descrive le classiche scene che siamo abituati a vedere nei film western. Saloon, sale da ballo, sale da gioco, sparatorie, scontri con i Nativi americani, persino Billy the Kid. Tutto come ce lo siamo sempre immaginato, con una piccola ma enorme differenza: i cowboys di colore.

Commons/Wikimedia

Commons/Wikimedia

Col passare degli anni e l'avvento della moderna narrazione western, la loro presenza ha subito una vera e propria cancellazione pubblica. C'è chi non li ha dimenticati, istituendo federazioni, musei e strutture dove raccontare per filo e per segno la loro storia. Di sicuro, però, il fatto che chiunque, sentendo la parola "cowboy", non immagini certo una persona di origini afroamericane, la dice lunga sul lavoro di rimozione. Da oggi, forse, penseremo all'epopea western in maniera un po' diversa!

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