Ossa rotte, pelle ustionata e racconti spettrali: ecco com'era il cenone di Natale in epoca vittoriana

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di Marco Renzi

20 Dicembre 2017

Ossa rotte, pelle ustionata e racconti spettrali: ecco com'era il cenone di Natale in epoca vittoriana
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Se la prospettiva di trascorrere le feste natalizie con parenti semisconosciuti che vi bombarderanno di domande vi sembra terrificante, forse vi rincuorerà sapere come trascorrevano la stessa festività le famiglie dell'epoca vittoriana (più o meno la seconda metà del 1800). 

Se infatti da quel periodo storico abbiamo ereditato molti elementi che circondano il Natale, come l'albero, i regali o le canzoni, di certo alcune tradizioni ci sono arrivate in una forma molto più soffice.

Tra queste c'è il famosissimo gioco chiamato "bocca di leone", in inglese "snapdragon", molto in voga in tutto il periodo invernale ma soprattutto alla vigilia di Natale.

NB: Le pratiche di festeggiamento descritte in questo testo non riguardano necessariamente TUTTE le famiglie di epoca vittoriana; le usanze subiscono infatti profonde variazioni in base al ceto sociale e al patrimonio tradizionale di ogni gruppo famigliare.

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Boston Public Library/Flickr

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Il gioco consisteva nel disporsi con famiglia o amici intorno ad un tavolo, su cui era adagiata una grossa ciotola poco profonda, una sorta di grande vassoio. Al suo interno veniva messa dell'uva passa, ma in alternativa anche mandorle, chicchi d'uva o piccole susine.

Successivamente veniva riempito il recipiente con del brandy, in quantità sufficiente da ricoprire ampiamente l'uva; solo allora, il liquido veniva dato alle fiamme.

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Boston Public Library/Flickr

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Per rendere il tutto più scenografico, le luci venivano abbassate in modo che i volti dei giocatori fossero illuminati dallo spettrale chiarore delle fiammelle. A turno, ognuno doveva prendere velocemente con le mani l'uva passa dal recipiente e, mentre era infuocata, mettersela in bocca per estinguere la fiamma prima di ingoiarla.

Inutile sottolineare quanto il tutto fosse pericoloso, sia per il proprio apparato orale che per la possibilità di appiccare il fuoco attraverso le gocce di brandy che venivano scagliate qua e là ad ogni movimento come dardi infuocati.

Stando alle cronache però, il gioco era incredibilmente divertente e scatenava una grande ilarità tra i commensali ogni volta che un giocatore falliva nella rocambolesca impresa con risultati immaginabili. Niente annunciava l'arrivo del Natale meglio del vedere persone con le mani ustionate o la lingua dolorante.

Ziggurat/Wikipedia

Ziggurat/Wikipedia

Snapdragon non era l'unico gioco cruento in cui ci si cimentava nell'epoca vittoriana: esisteva anche il temibile Blind Man’s Buff, in cui un uomo veniva bendato e doveva inseguire gli altri. Se non vi sembra particolarmente cruento, pensate che in questo gioco era lecito scaraventare a terra gli altri partecipanti nella furia della caccia (ricordate che il consumo di alcool era una costante) e non era raro che si uscisse dalla disputa con braccia o gambe fratturate. Anzi, le fratture erano talmente frequenti da indurre le malelingue a insinuare che a portare avanti la tradizione fosse la lobby dei medici ortopedici, i quali si assicuravano così molte ossa da riparare.

Oltre a questi, esistevano molti altri giochi da fare durante le feste, e tutti più o meno avevano risvolti cruenti od osceni.

The British Library/Flickr

The British Library/Flickr

Se i giochi natalizi si sono addolciti con il tempo, lo stesso si può dire della letteratura: il Natale vittoriano era intriso di magia e mistero. Le favole che venivano raccontate davanti al caminetto includevano fantasmi e creature soprannaturali, che finivano per spaventare a morte grandi e piccoli: sicuramente un patrimonio letterario molto diverso dal nostro, che è diventato con gli anni uno stucchevole coacervo di buoni sentimenti e storie a lieto fine.

In conclusione, molte delle origini delle nostre festività natalizie sono sicuramente da ricercare nell'epoca vittoriana, ma la tradizione è notevolmente cambiata: niente più ossa fratturate, lingue ustionate e storie macabre; al loro posto, interminabili cenoni e narcotiche chiacchierate con il parente di turno. A pensarci bene, rompersi le ossa non era poi così male.

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