Pianeti come Giove potrebbero essere stati "piatti" in origine: la rivoluzionaria teoria di uno studio

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di Francesca Argentati

17 Febbraio 2024

Pianeti come Giove potrebbero essere stati "piatti" in origine: la rivoluzionaria teoria di uno studio
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C'è ancora molto che non sappiamo sull'origine dei pianeti e del cosmo, ma un nuovo studio propone una teoria rivoluzionaria che riguarda le origini planetarie e punta i riflettori anche su un nostro "compagno di sistema solare": Giove.

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Lo studio sulle prime fasi della formazione planetaria

Lo studio sulle prime fasi della formazione planetaria

Astronomy&Astrophysics

Sappiamo che i pianeti sono dei globi e che hanno una forma sferica, ma, secondo una nuova ricerca, in origini forse non era esattamente così. Questo riguarda i pianeti di dimensioni particolarmente grandi, come Giove, che si trovano a un'elevata distanza dal Sole. Altri mondi come lui, che orbitano lontano dalle proprie stelle madri, in passato potrebbero aver avuto la forma di un disco, per poi evolvere nell'attuale sembianza sferica soltanto in un secondo momento.

I pianeti individuati dagli astronomi al di fuori del nostro sistema solare sono migliaia, ma la loro origine resta in gran parte un mistero che stanno cercando di risolvere. In questo studio inedito, guidato dal Jeremiah Horrocks Institute for Mathematics, Physics, and Astronomy dell’University of Central Lancashire, Inghilterra, gli scienziati hanno impiegato simulazioni al computer avanzate per comprendere le prime fasi della formazione planetaria.

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Formazione planetaria: la teoria dell'instabilità del disco

Formazione planetaria: la teoria dell'instabilità del disco

Astronomy&Astrophysics

Gli astrofisici sono dell'idea che i pianeti assumano una forma sferica sin dalle loro origini, ma i risultati dello studio propongono una ipotesi diversa. Usando le simulazioni basate sulla teoria dell'instabilità del disco, secondo cui i pianeti più giovani, detti protopianeti, si formerebbero rapidamente da particelle generate dalla disgregazione di grossi dischi di gas in orbita intorno a stelle giovani, gli scienziati hanno osservato che durante i primi stadi della loro vita si presentano come sferoidi oblati, ovvero meno sferici e più simili a dischi che a globi.

Il team dell'UCLan, composto da Adam Fenton e Dimitris Stamatellos, li paragona a comuni piccole caramelle colorate al cioccolato: rotonde, sì, ma più larghe che "alte". Stamatellos ha spiegato: “Studiamo la formazione dei pianeti da molto tempo, ma mai prima d’ora avevamo pensato di verificare la forma dei pianeti mentre si formano nelle simulazioni. Abbiamo sempre pensato che fossero sferici. Siamo rimasti molto sorpresi dal fatto che si siano rivelati sferoidi oblati."
Gli scienziati hanno anche valutato le caratteristiche dei pianeti comparandole con i dati già noti, analizzando il meccanismo che ha portato alla creazioni dei giganti gassosi come Giove e Saturno.

I grandi pianeti in origine erano "sferoidi oblati", dice lo studio

I grandi pianeti in origine erano "sferoidi oblati", dice lo studio

Pexels

La teoria dell'instabilità del disco non corrisponde alla seconda possibile ipotesi degli astronomi circa la formazione planetaria: il modello di accrescimento del nucleo, secondo cui i pianeti nascono da un lentissimo ma graduale accumulo di particelle di polvere, in periodi quindi decisamente più lunghi"La grande maggioranza dei protopianeti che si formano nelle simulazioni sono sferoidi oblati anziché sferici, e si accrescono più velocemente dai loro poli" si legge nello studio.

Fenton ha evidenziato il fatto che "questa teoria è interessante e potrebbe spiegare il perché i grandi pianeti possono formarsi molto rapidamente a grandi distanze dalla loro stella ospite." Inoltre, gli autori hanno osservato che i protopianeti si sviluppano principalmente dai poli piuttosto che dagli equatori mentre il materiale cade su di essi, sfidando ulteriormente le teorie precedenti.

Queste scoperte aprono un'importante finestra sul mistero della formazione planetaria e i telescopi avanzati per l'osservazione del cosmo potrebbero confermarle. Nel frattempo, i ricercatori dell'UCLan continueranno a indagare le loro scoperte con simulazioni ancora più avanzate.

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