I ricordi di infanzia sono ancora nel cervello ed è possibile recuperarli, secondo uno studio

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di Gianmarco Bonomo

20 Novembre 2023

I ricordi di infanzia sono ancora nel cervello ed è possibile recuperarli, secondo uno studio
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Se ci sforziamo di pensare ai nostri primi ricordi, possiamo arrivare soltanto fino a un certo punto e non oltre. Tutti sappiamo che è impossibile recuperare i ricordi della primissima infanzia, e che le cose che ricordiamo appartengono a un periodo successivo. Eppure, secondo un nuovo studio pubblicato su Science Advances, potrebbe non essere così. Vediamo perché, e se è possibile recuperare i primi ricordi.

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Si possono recuperare i primi ricordi? Secondo alcuni neuroscienziati sì

Si possono recuperare i primi ricordi? Secondo alcuni neuroscienziati sì

Pexels

Contrariamente a quanto si pensa, sostengono i ricercatori, i ricordi che ci formiamo durante la primissima infanzia non svaniscono del tutto, ma rimangono “archiviati” nel cervello. Secondo Tomás Ryan del Trinity College di Dublino, principale autore della ricerca, è necessario un approccio rivoluzionario al fenomeno che conosciamo come amnesia infantile. Dimenticare i nostri primi ricordi è infatti un fenomeno diffuso ma spesso trascurato, dato quasi per scontato, che riguarda tanto gli esseri umani quanto gli altri mammiferi.

Per questa ragione, i ricercatori si sono concentrati sulle basi biologiche dell’amnesia infantile con degli esperimenti sui topi condotti mediante l’uso dell’optogenetica. Si tratta di una scienza emergente che combina tecniche ottiche con tecniche genetiche di rilevazione, allo scopo di comprendere i circuiti neuronali nel cervello dei mammiferi. In pratica, i ricercatori hanno dimostrato che l’attivazione di una risposta immunitaria materna durante la gravidanza influenza la conservazione dei ricordi infantili, impedendone la cancellazione. Ciò vuol dire che è possibile, in linea teorica, recuperare specifici ricordi.

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Studiare i topi per recuperare i nostri primi ricordi

Studiare i topi per recuperare i nostri primi ricordi

Freepik

Ammesso quindi che sia possibile conservare i primi ricordi, perché ci sembra che essi siano inaccessibili? Se pensiamo bene a quello che ricordiamo, possiamo arrivare intorno al terzo o quarto anno di vita, o forse poco prima. Secondo lo studio condotto dal team di Ryan sui topi, il cervello è perfettamente in grado di formare e archiviare ricordi anche prima dei 2-3 anni. La ricerca ha visto come una piccola proteina immunitaria, la citochina IL-17a, guidata dalla risposta immunitaria della madre durante la gravidanza, potrebbe ricoprire un ruolo fondamentale nel processo.

Nei topi maschi nati da madri senza questa proteina, infatti, si è notato un persistere dell’amnesia infantile nonostante le risposte immunitarie provocate. Continuando a studiare i meccanismi della memoria sui primi ricordi, sarà possibile comprendere come si formano gli engrammi, ipotetici elementi neurobiologici della memoria, e scoprire ancora di più sull’amnesia infantile.

Cosa sappiamo sui primi ricordi dell’infanzia

Cosa sappiamo sui primi ricordi dell’infanzia

Marcus Quigmire/Wikimedia Commons - CC BY-SA 2.0

Lo studio del Trinity College di Dublino si inserisce in un campo scientifico in fermento. Sebbene l’amnesia infantile, l’incapacità di ricordare eventi precedenti a una certa età, sia oggetto di interesse scientifico, non ne sappiamo ancora molto. Uno studio della Memorial University of Newfoundland, condotto dalla psicologa Carole Peterson, ha tuttavia rivelato risultati molto interessanti. Se infatti si pensa che i primi ricordi risalgano a 3-4 anni, la ricerca suggerisce che invece possano manifestarsi già prima. A questo fenomeno si unisce l’effetto telescopico, cioè la tendenza delle persone a spostare nel tempo i ricordi. Tradotto: spesso mentiamo sui nostri ricordi senza saperlo e senza alcun ricorso a date e momenti documentati nel tempo.

In conclusione, sempre più studi stanno cercando di comprendere l’amnesia infantile e di trovare un modo per recuperare i nostri primi ricordi. Saperne di più su come questi ultimi si formano, persistono e possono essere ritrovati non offre soltanto una visione approfondita della nostra psiche. In aggiunta, potrebbe anche aprire strade importanti per affrontare condizioni come l’autismo, e avere ricadute benefiche sulla società.

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