Il toro di Falaride: l'invenzione diabolica per eliminare i nemici nella Magna Grecia

di Giuseppe Varriale

14 Aprile 2019

Il toro di Falaride: l'invenzione diabolica per eliminare i nemici nella Magna Grecia
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I libri di storia sono disseminati di aneddoti di ogni tipo, da quelli più affascinanti a quelli più cruenti. Nel corso delle ere infatti, l'umanità ha dimostrato di essere capace di grandi soprusi e grande crudeltà, soprattutto quando un singolo personaggio si trovava a poter disporre liberamente di altri esseri umani, come fossero oggetti. È certamente il caso di Falaride, tiranno di Akragas (l’attuale Agrigento, in Sicilia) dal 570 al 555 a. C.

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Il toro di Falaride: l'invenzione diabolica per eliminare i nemici nella Magna Grecia - 1

Falaride fu detto dagli antichi il più crudele tra tutti i tiranni. Paolo Osorio, storico romano del IV secolo, ha descritto Falaride come un sovrano privo di umanità, che eliminava sia i suoi nemici che gli uomini della sua corte per puro piacere. Tra i suoi "passatempi" vi era quello di lanciare gli uomini da una rupe altissima.

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Sailko/Wikipedia

Sailko/Wikipedia

Ma la sua sete di crudeltà si spinse ben oltre: con l’aiuto di un fabbro ateniese, Perillo, costruì una macchina davvero tremenda. Questa era fatta in ottone e aveva sembianze e dimensioni di un toro. Il toro aveva una porta in cui venivano introdotti i condannati, ma non era totalmente vuoto: al suo interno, infatti, si trovava un particolarissimo sistema di tubi collegati con l’esterno. I condannati venivano introdotti nella macchina attraverso la porta; una volta fatti entrare, sotto al toro veniva acceso un fuoco. Quando il calore aumentava, i malcapitati iniziavano ad urlare, ma le loro grida non sembravano urla umane: il sistema di tubi inventato da Perillo, infatti, le trasformava in suoni che ricordavano i muggiti di un toro.

Il toro di Falaride: l'invenzione diabolica per eliminare i nemici nella Magna Grecia - 4

La leggenda vuole che, quando il fabbro ateniese portò la sua invenzione a Falaride, questi lo fece rinchiudere nel toro, per provare il valore dell’opera, e accese il fuoco. Non ci volle molto prima che dal mostro uscissero muggiti. A quel punto il tiranno fece liberare Perrillo. Ansioso di ricevere finalmente la propria ricompensa, il fabbro seguì il tiranno sull’Acropoli di Akragas. Ma questi non lo ricompensò: arrivati in cima, il tiranno lo spinse giù.

Tuttavia Falaride non ebbe vita molto lunga: nel 555 a. C. Agrigento fu conquistata, grazie ad una sollevazione popolare, da Telemaco. Come accadrà a Maximilien de Robespierre molti secoli dopo, il tiranno di Agrigento trovò la fine attraverso il metodo da lui stesso creato: finì infatti all'interno del toro di Perillo.

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