Giornata della memoria... corta: 7 genocidi del '900 di cui non si parla quasi mai

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di Marco Renzi

31 Gennaio 2017

Giornata della memoria... corta: 7 genocidi del '900 di cui non si parla quasi mai

Tutti sappiamo che il 27 gennaio di ogni anno viene celebrata la cosiddetta "Giornata della Memoria", a ricordare l'abbattimento dei cancelli di Auschwitz e in generale l'orrore dell'Olocausto nella sua totalità.

Se da una parte non possiamo che lodare il tentativo di mantenere vivo il ricordo di eventi così atroci, siamo anche costretti a constatare che nell'ultimo secolo molti altri genocidi hanno macchiato di sangue il pianeta, senza che nessuno - o quasi - si sia curato di ricordarli in maniera adeguata.

Stando alla definizione dell'ONU infatti, costituiscono genocidio "gli atti commessi con l’intenzione di distruggere, in tutto o in parte, un gruppo nazionale, etnico, razziale o religioso". Eccone 7 esempi eclatanti.

Lo sterminio degli armeni

Lo sterminio degli armeni

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La minoranza armena in Turchia era stata sempre considerata nemica del governo (ottomano prima, turco poi) da un punto di vista religioso e politico. Nacque così il primo genocidio del '900: a partire dal 1915 il governo turco iniziò deportando scrittori, giornalisti, intellettuali, parlamentari; seguirono arresti di massa ed estenuanti "marce della morte" attraverso il deserto senza cibo né acqua; in totale le vittime si stimano tra un milione e un milione e mezzo.

Solo 27 paesi riconoscono ufficialmente il genocidio, e tra questi non figura la Turchia.
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La carestia "forzata" dell'Ucraina

La carestia "forzata" dell'Ucraina

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Con il termine holodomor si indica una carestia progettata e messa in atto dal regime di Stalin nei primi anni Trenta per indebolire l'Ucraina e le sue aziende agricole private. I primi ad opporsi furono i ricchi contadini, i kulaki, che furono deportati nei campi di lavoro in Siberia dove morirono a migliaia.

Seguì un inasprimento delle misure atte ad evitare letteralmente che la popolazione accedesse al cibo: distruzione dei forni, confisca di generi alimentari e di utensili agricoli, pena di morte per i ladri di cibo. Dal 1932 la situazione precipitò e il popolo ucraino cominciò a morire di fame. Prima bambini e anziani, poi tutti gli altri. Per un totale di vittime tra i 7 e i 10 milioni (senza contare i morti nei campi di lavoro).

Il genocidio è stato riconosciuto dal Parlamento Europeo solo nel 2008.

Lo sterminio del popolo Igbo in Nigeria

Lo sterminio del popolo Igbo in Nigeria

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Nel 1967 il popolo Igbo proclamò la sua indipendenza ed istituì la repubblica del Biafra. La reazione del governo nigeriano non si fece attendere, anche perché nel Biafra si trovano i quattro quinti dei giacimenti di petrolio della Nigeria.

Il conflitto durò circa tre anni, e si concluse con la vittoria del governo. Tutti i servizi e le infrastrutture del Biafra furono distrutti, causando migliaia di morti per fame e malattie. In tutto due milioni di persone persero la vita mentre tre milioni divennero profughi.

Ancora oggi il popolo Igbo è fortemente discriminato, e sta ancora premendo affinché quei crimini vengano riconosciuti come genocidio.

La "pulizia" della Cambogia

La "pulizia" della Cambogia

Paul Mannix

Quello della Cambogia è forse uno tra i genocidi meno noti nel mondo occidentale. Tra il 1975 ed il 1979 i Khmer rossi occuparono il paese e divisero la popolazione in "popolo nuovo" (da rieducare), "sotto-popolo" e "traditori" (da eliminare).

I Kmer rossi sterminarono circa due milioni di cambogiani (l'intera popolazione ammontava a meno di otto milioni); le vittime principali furono le minoranze vietnamite, cinese e musulmana Cham, ma anche chiunque avesse una laurea o esercitasse una libera professione.

Non è stato ancora oggi istituito un tribunale internazionale per riconoscere lo sterminio.

La guerra civile in Ruanda

La guerra civile in Ruanda

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Se parliamo della storia del Ruanda non possiamo prescindere dal citare il genocidio del 1994. A contendersi il dominio del paese vi erano i Tutsi e gli Hutu, due etnie rivali e fortemente radicate. Uno dei protagonisti fu però il Belgio, affidatario della regione con un mandato dell'ONU. A seconda della sua convenienza, il governo belga appoggiò dapprima i Tutsi, ritenuti superiori etnicamente, e poi gli Hutu perché meno ostili all'egemonia europea.

Le lotte interne culminarono con l'uccisione del presidente di etnia Hutu nel 1994: da quel momento ebbe inizio lo sterminio. Oltre un milione di persone trucidate con armi rudimentali come bastoni e machete, soprattutto di etnia Tutsi ma anche molti Hutu sospettati di tradimento. Francia, Gran Bretagna e Belgio si limitarono a rimpatriare i loro cittadini e abbandonarono il Ruanda al suo destino, che si risolse con una vittoria dei Tutsi e la fuga degli Hutu.

Alla fine del 1994 fu istituito il Tribunale Pena Internazionale per il Ruanda, che però fino ad oggi ha processato e condannato per il genocidio a malapena una ventina di persone.

Il massacro di Srebrenica

Il massacro di Srebrenica

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Inserito nella cornice della guerra in Bosnia (1992-1995, 250.000 morti), il massacro di Srebrenica è considerato uno degli stermini di massa più cruenti avvenuti in Europa dalla fine della Seconda Guerra Mondiale.

Le truppe serbo-bosniache guidate da Ratko Mladic condussero una pulizia etnica che aveva come bersaglio la comunità bosniaca di religione musulmana. Entrarono nella zona protetta di Srebrenica e selezionarono tutti gli uomini tra i 14 e i 65 anni. Finirono tutti massacrati e gettati nelle fosse comuni, per un totale che si stima tra gli otto e i diecimila cadaveri.

La Corte Internazionale di Giustizia dell’Aja nel 2007 riconobbe l'accaduto come genocidio proprio per la sua matrice religiosa.

La guerra civile in Darfur

La guerra civile in Darfur

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Dal 2003 il Sudan è scosso da una sanguinosa guerra civile nella regione del Darfur. A combattere sono la maggioranza nera e la minoranza araba (che però costituisce la maggioranza nel resto del Sudan).

Non è ancora chiaro il ruolo del governo sudanese nel conflitto, anche se molti lo accusano di appoggiare apertamente i guerriglieri di origine araba. Questi ultimi vengono definiti janjaweed (uomini a cavallo con la scimitarra in mano): arrivano nei villaggi, uccidono gli uomini, violentano le donne e avvelenano i pozzi.

Nonostante la forte componente etnica del conflitto e l'incredibile numero di vittime (400.000 fino ad oggi), quello in Darfur non è ancora definito genocidio.