Secondo dei ricercatori potrebbe esserci un collegamento tra l'Alzheimer e un batterio responsabile delle gengiviti

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di Claudia Melucci

27 Gennaio 2019

Secondo dei ricercatori potrebbe esserci un collegamento tra l'Alzheimer e un batterio responsabile delle gengiviti
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Un numero sempre crescente di scienziati propone una punto di vista dell'Alzheimer del tutto diverso: secondo loro, non si tratta di una malattia, ma più precisamente di un'infezione.

È un percorso che i ricercatori stanno ancora esplorando, ma prove che ne dimostrando la consistenza sono sempre di più. Dietro l'Alzheimer potrebbe esserci un batterio, proveniente da un mondo del tutto sconosciuto al cervello e alle sue malattie: dai denti. 

via sciencealert.com

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tortuga767/Flickr

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Un nuovo studio, condotto dall'Università di Louisville, prova che il batterio Porphyromonas gingivalis, responsabile della parodontite cronica, ha a che fare con il cervello delle persone colpite dall'Alzheimer. 

Dalle ricerche effettuate emerge che l'infezione delle gengive, che inizia con una gengivite grave e può culminare con la perdita dei denti, porta alla colonizzazione del cervello da parte del batterio; allo stesso tempo si nota anche un incremento nella produzione delle placche beta amiloidi, gli accumuli proteici appiccicosi comunemente associati con l'Alzheimer. 

Il fatto più importante di tutto lo studio è stato l'aver trovato tracce del batterio nel cervello di persone decedute, alle quali non era mai stato diagnosticato l'Alzheimer: questo potrebbe voler dire che l'attacco del cervello da parte del batterio avviene molto anticipatamente rispetto alla diagnosi della malattia. I ricercatori sono convinti che a queste stesse persone sarebbe stata diagnosticato l'Alzheimer se solo avessero vissuto più a lungo.

Questo studio porta a considerare la parodontite in maniera del tutto diversa da come probabilmente è stato fatto fino ad ora: le problematiche legate alle gengive non sono sempre e solo la conseguenza di una scarsa igiene orale causata a sua volta da una demenza in stadio avanzato. In alcuni casi è un campanello d'allarme precoce, che spiega l'insorgenza della malattia in pazienti di mezza età, prima di una diagnosi di demenza.

Non si tratta della scoperta dell'origine dell'Alzheimer, ma è chiaro come questa via richieda di essere approfondita ulteriormente. 

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