Oggi mangiare l'aragosta è cosa da ricchi, ma pochi sanno che un secolo fa le cose erano molto diverse

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di Marco Renzi

14 Maggio 2018

Oggi mangiare l'aragosta è cosa da ricchi, ma pochi sanno che un secolo fa le cose erano molto diverse
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Basta guardare il menu di un ristorante di pesce per rendersene conto: aragosta ed astice sono piatti prelibati non adatti a tutte le tasche. Il loro costo è decisamente alto rispetto agli alimenti consumati ordinariamente dalle persone comuni, a meno che non si faccia parte di quella piccolissima percentuale di popolazione che può permettersi un tenore di vita molto elevato.

Ma la loro inaccessibilità non deriva altro che da un comunissimo meccanismo di offerta e richiesta: anticamente, quando questi animali abbondavano, le cose stavano decisamente in modo diverso. Quando i coloni arrivarono sulle coste americane del Maine, le aragoste erano così abbondanti da diventare cibo per maiali.

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Billy Hathorn/Wikimedia

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Molte cronache del 1700 riportano di aragoste gettate nelle mangiatoie degli animali da fattoria oppure usate per concimare i campi, mentre i Nativi Americani ne facevano esche per i loro ami. Il loro aspetto le rendeva estremamente simili agli insetti (in molti villaggi le definivano "scarafaggi di mare") e per questo venivano tenute in poco conto.

Fino al 1800 erano un piatto riservato principalmente ai meno fortunati, come vedove, orfani, galeotti o servitori. In una città del Massachusetts un gruppo di servitori, stanchi del trattamento culinario di basso livello, arrivò a fare causa al suo padrone costringendolo a servire aragoste alla servitù non più di tre volte a settimana; i venditori ambulanti di astici si accalcavano davanti ai dormitori degli immigrati irlandesi, vendendoli a prezzi stracciati agli affamati viaggiatori; gusci di aragoste stavano ammassati nei giardinetti delle case più povere, simbolo di degrado ed estrema indigenza.

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loc.gov

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Nel corso del 1800 però si diffusero i viaggi in treno e la situazione cambiò: i crostacei venivano serviti ai passeggeri di fascia alta, ignari del fatto che quello stesso piatto venisse considerato altrove una pietanza di bassissimo livello. Fu così che la popolarità delle aragoste iniziò a crescere: intorno al 1870 campeggiavano all'interno dei menu come piatti di punta dei banchetti più costosi. Come accade ogni volta che una risorsa va "di moda", la domanda fu così alta che le riserve naturali si esaurirono ed i prezzi subirono un'impennata pazzesca nei primi anni del 1900.

Ed Bierman/Wikimedia

Ed Bierman/Wikimedia

Durante la Grande Depressione e poi la Seconda Guerra Mondiale ci fu però una battuta d'arresto. Con la povertà imperante, le aragoste subirono il destino di molti altri cibi: entrarono nella produzione industriale. Aragoste in scatola (addirittura meno costose dei fagioli) venivano servite ai soldati al fronte, e non di rado le persone disperate le davano ai loro animali domestici.

Solo intorno agli anni '50 questo piatto prelibato riacquistò la sua gloria, tornando ad essere quello che conosciamo oggi, cioè una delle proposte più gustose dei ristoranti più esclusivi del mondo.

Internet Archive Book Images/Wikimedia

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La storia delle aragoste del Maine e della loro diffusione sul mercato americano e mondiale è molto simile al destino di questi animali in altre parti del mondo. Il loro aspetto decisamente non accattivante e la loro abbondanza ne hanno fato un cibo "per poveri" anche in altre zone del mondo, come ad esempio la cittadina di Bosa, in Sardegna. Anche qui, fino agli anni '50, era molto comune trovare questa prelibatezza sulle tavole delle famiglie del popolo, mentre la carne era appannaggio dei ceti più abbienti. Con il crescere della domanda di fascia alta, casse di animali vivi iniziarono a partire quotidianamente alla volta del continente, facendo schizzare il prezzo e facendo scomparire definitivamente l'aragosta dalla tavola delle persone comuni.

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