Gli Alleati sapevano dei campi di concentramento almeno 2 anni prima della loro "Scoperta"

di Giulia Bertoni

25 Aprile 2017

Gli Alleati sapevano dei campi di concentramento almeno 2 anni prima della loro "Scoperta"
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Quando si parla degli orrori avvenuti durante la Seconda guerra mondiale e in particolare della deportazione e uccisione di milioni di esseri umani nei campi di concentramento gestiti dalla Germania nazista, molti si chiedono come fu possibile che nessuno ne sapesse nulla e che non si riuscì a intervenire prima per salvare tutti quegli innocenti. La narrativa storica moderna ha sempre raccontato che fu solo nel 1944 che si scoprì l'esistenza dei campi di sterminio e che ci si rese conto della portata del fenomeno, almeno per quanto riguarda il "grande pubblico". Ora però emergono documenti che parlano di datazioni ben diverse e che sembrano confermare quello che in molti sospettavano.

Immagine di copertina: UNCCW/Wikimedia

via independent.co.uk

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A oltre settant'anni dalla fine del secondo conflitto mondiale, emergono documenti riguardanti ciò che le Nazioni Unite e i Paesi Alleati sapevano di quello che accadeva in Europa ai danni di ebrei e minoranze etniche. Nell'ottobre del 1942 venne infatti istituita una commissione speciale (Commissione per i crimini di guerra delle Nazioni Unite) proprio nell'intento di investigare sulle accuse rivolte alla Germania nazista e alle altre potenze dell'Asse riguardo ai crimini commessi nella guerra ancora in corso. Anche se non si trattò di un'associazione segreta, del lavoro svolto da questa Commissione si sapeva poco e molto del suo operato rimane oscuro ancora oggi (pensate che i lavori di questa commissione iniziarono ancor prima della formale fondazione delle Nazioni Unite stesse, avvenuta il 26 giugno 1945).

Ora il professor Dan Plesch, un esperto di relazioni internazionali e direttore del Centro Studi Internazionali all'Università SOAS di Londra, presenta le proprie scoperte e rivela due fatti importanti: il primo è che ci sono prove che USA, Regno Unito e Russia sapessero dell'esistenza dei campi di concentramento almeno sin dal dicembre 1942, il secondo è che essi confermano che Hitler fu accusato di crimini di guerra già nel 1944. Stando al professor Plesch, il processo di raccolta delle prove e le azioni penali intraprese contro centinaia di nazisti non solo vennero oscurati dall'operato del successivo processo di Norimberga, ma non furono sufficienti a far intervenire gli Alleati sin da subito per motivi economici e politici. Plesch afferma ad esempio che alcuni membri del Dipartimento di Stato americano cercarono di ostacolare il lavoro dell'inviato del Presidente Roosevelt alla Commissione, il rappresentante della Camera Herbert Pell, sia a causa delle loro posizioni anti-semite che per il timore che gli esiti di quelle accuse potessero inficiare i rapporti economici degli Stati Uniti con la Germania una volta conclusa la guerra. Gli USA e i suoi alleati, inoltre, erano preoccupati dall'avanzata del comunismo e per questo molti dei crimini commessi dai nazisti vennero ridimensionati nell'intento di permettere alla Germania di ricompattarsi e confrontare insieme la "minaccia rossa".

In sostanza, anche se è probabile che chi si trovò in prima persona a sfondare i cancelli dei campi di concentramento probabilmente non aveva idea dell'entità della cosa (e come prepararsi a quell'orrore, in ogni caso?), con ogni probabilità i loro superiori sapevano benissimo cosa si sarebbero trovati di fronte.

Le ricerche del professor Plsech sono state rese possibili grazie alla decisione presa dalla Rappresentante permanente per gli Stati Uniti alle Nazioni Unite Samantha Power (in carica dal 5 agosto 2013 al 20 gennaio 2017) di rendere accessibili questi documenti rimasti sigillati per oltre settant'anni.

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